Il primo novembre in occasione del World Vegan Day eccoci qui, staff quasi al completo, in partenza alla volta di Nepi per andare finalmente a conoscere da vicino Thegreenplace e il suo gestore (si può dire così?) Marco.
La giornata ci aiuta, con un cielo limpido e un clima mite, che quasi neanche sembra di essere in autunno inoltrato.
Arriviamo finalmente. Scendiamo ed eccolo qui che immediatamente scorgo lui, si proprio lui: Camillo. Lo avevo visto solo in foto, ma da vicino è davvero emozionante.
Se ne sta da una parte tranquillo, mentre un cucciolo di cane esagitato (se no che cucciolo sarebbe?) si diverte e mordicchiargli un orecchio e lo chiama insistentemente con una zampa invitandolo a giocare.
Ma Camillo non cede alle avances del piccolo, forse perché essendo anche lui cucciolo non riesce a ben capire cosa voglia l’altro. Mi avvicino e incrocio il suo sguardo e per un attimo credo che negli sguardi della specie a cui appartiene Camillo ci si potrebbe perdere per ore.
Infatti da quegli occhi emana una dolcezza unica, un senso di tenerezza, che ora, vedendolo qui da vicino, ancor di più mi chiedo: “Ma come si fa?”. Così non resisto. Mi siedo vicino a lui e decido di farmi immortalare tenendolo stretto, con quel gran testone, che si appoggia su una spalla grato, mentre il cucciolo di cane tenta ora di corrompere me, per spingermi a giocare.
Ah già, dimenticavo. Non vi ho ancora presentato Camillo. Ecco, Camillo è un cuccioli, un piccolo vitello scampato alla sorte orribile, che subiscono gran parte dei cuccioli della sua specie, quando, non appena nati, vengono strappati alla madre, che non può nutrirli, perché così abbiamo deciso noi appartenenti alla razza superiore, quella che, fiera del proprio intelletto, sta perdendo, piuttosto, senza rendersene conto, la propria capacità di provare compassione.
Ah già, dimenticavo. Non vi ho ancora presentato Camillo. Ecco, Camillo è un cuccioli, un piccolo vitello scampato alla sorte orribile, che subiscono gran parte dei cuccioli della sua specie, quando, non appena nati, vengono strappati alla madre, che non può nutrirli, perché così abbiamo deciso noi appartenenti alla razza superiore, quella che, fiera del proprio intelletto, sta perdendo, piuttosto, senza rendersene conto, la propria capacità di provare compassione.
Prima tappa quindi andata. Profonde emozioni e antichi ricordi di tanti anni fa, di quando ancora studiavo medicina veterinaria (per poi fare tutt’altro nella vita) riaffiorano nella mente, mescolandosi l’un l’altro fino ad annullare ogni confine tra le prime e i secondi.
Tanti stimoli e qui bisogna ancora conoscere Marco, con cui ho parlato solo per telefono. Già…ma chi sarà marco tra tutta questa gente?
Provo a chiedere un po’ in giro e riesco a rintracciare, intanto, la mamma di marco, una donna sorridente ed energica, che davvero sembra dare tanto di sé a tutto ciò.
Vorrei rimanere concentrata sull’obiettivo, ma nulla. Alla vista delle caprette, che vengono incontro, di nuovo mi sperdo. Queste arrivano, infatti, incuriosite, si avvicinano, ma non fanno ciao – come quelle di Heidi (ma che cartoni animati ci facevano vedere da bambini? Mah!) vogliono frutta e insalata, alle quali sono, ormai, abituate.
Toccarle ed accarezzarle è così rilassante. Alcune sembrano proprio mettersi in posa e poi, tra tutte, troneggia lui: un caprone color miele, che fa immediatamente pensare a Possibilandia.
Il bello è che qui non siamo in una pubblicità, eppure davvero sembra tutto possibile.
Al centro del cortile avanzano i tacchini (che qualcuno dello staff continua a chiamare “pavoni”…Assunta un veloce ripasso al Mondo Animale????), contornati dai gatti, dalle pecore e dalle capre, che sempre più insistentemente reclamano il loro cibo (così Roberta, tentando di fare una foto, per poco non rimane senza cellulare, perché la capretta non ha alcuna intenzione di fare da modella e, dunque, si avvicina pericolosamente al telefono per farle vivere un incontro ravvicinato del capra-tipo. Tutto sommato siamo uno staff simpatico e di certo non ci annoiamo!).
Al centro del cortile avanzano i tacchini (che qualcuno dello staff continua a chiamare “pavoni”…Assunta un veloce ripasso al Mondo Animale????), contornati dai gatti, dalle pecore e dalle capre, che sempre più insistentemente reclamano il loro cibo (così Roberta, tentando di fare una foto, per poco non rimane senza cellulare, perché la capretta non ha alcuna intenzione di fare da modella e, dunque, si avvicina pericolosamente al telefono per farle vivere un incontro ravvicinato del capra-tipo. Tutto sommato siamo uno staff simpatico e di certo non ci annoiamo!).
Il tempo vola, arriva quindi l’ora del pranzo e io, ancora, non sono riuscita a capire chi sia Marco. Vino fresco e cibo vegan, sotto gli ultimi raggi di sole caldo del periodo, sono un ulteriore dono di questa giornata.
Intorno a noi tantissime persone. Qui si ha la sensazione di conoscersi da sempre. E, tra gli altri, scorgo anche nomi e volti noti del mondo dello spettacolo, che da tempo, ormai, sono attivisti vegani e animalisti.
- Loredana Cannata con lo staff del blo - |
Blocco così Loredana Cannata, bella e gentile come sempre, che fa alcune foto con noi (un grazie sincero a te, Loredana!).
Per lei ho una profonda ammirazione, perché è davvero una donna che ci mette in ogni momento cuore e faccia quando si tratta di battersi per i diritti dei più deboli.
Subito dopo è la volta di Laura Fiandra, chef vegana autrice, insieme a Marina Pucello, del testo Il vegano per le feste. Indovina chi veg..a cena, che gentilmente rilascia un’intervista a Roberta, e di Tullio Solenghi (anche a voi il nostro sincero grazie!).
- Laura Fiandra - |
Scambi veloci e significativi, perché l’esempio è fondamentale e, quando arriva da personaggi celebri, sembra centrare in maniera ancora più diretta l’obiettivo.
- Rita ed Eloise di NOmattatoio - |
Esattamente come questo splendido luogo, casa di Marco. E' vero…Marco, possibile che io non riesca a conoscerlo?
Intanto ritrovo vecchi amici, come Rita ed Eloise di NOmattatoio (a breve anche la loro intervista) e ne conosco di nuovi, come gli attivisti di Essere Animali.
Intanto ritrovo vecchi amici, come Rita ed Eloise di NOmattatoio (a breve anche la loro intervista) e ne conosco di nuovi, come gli attivisti di Essere Animali.
- Marco - |
E finalmente riesco ad intercettare Marco. Davvero poche battute e una foto veloce, che viene subito catturato dal pubblico, perché il pomeriggio è dedicato alle associazioni presenti, all’illustrazione delle loro attività e alla proiezione di video girati nel corso dello loro investigazioni.
- Lucia - |
E qui è sceso il buio. Il contrasto tra filmati e la presenza di Lucia, una pecora non vedente con uno splendido collarino rosa, che se ne sta sdraiata in un angolo, godendosi finalmente la sua giusta dose di tranquillità e di pace, è davvero troppo per me.
Lo so, non si può far finta che non esistano gli allevamenti o i macelli – come ho detto anche ai volontari di NOmattatoio nutro infinita stima per quello che fanno -, ma io propri onon reggo emotivamente alcuni filmati.
Sarà forse che sono stata due volte in un macello (sempre mentre frequentavo la facoltà di medicina veterinaria) e l’odore del sangue, le urla dei maiali e degli agnelli, nonché la vista di vacche e tori che venivano uccisi ed appesi in alto, in pieno contrasto con le risate di chi là lavorava e si vantava, di fronte a noi semplici studenti, di quanto fatto, da allora non sono più riuscita a scrollarmeli di dosso.
Improvvisamente mi riaffiora alla mente, come fosse ora, il momento in cui aprono in due una vacca, ancora calda, lasciano scolare il sangue ed estraggono i polmoni, uno dei quali viene posato in terra ed usato come portacenere, grazie alla sua malleabilità. Ci mostra questo gioco di maestria e di alta ingegneria uno degli addetti al macello, che ricordo perfettamente; non è facile fare i conti con la parte oscura dell’uomo, proprio no!
In questa giornata, con quest’atmosfera il contrasto tra come dovrebbe essere la relazione uomo-animale e come, invece, purtroppo si presenta appare ancora più forte.
Lucia, Camillo, Zazà e ogni altro animale incontrato qui non fa altro che rafforzare quella convinzione che coltivo ormai da tanto, tantissimo tempo che non c’è alcuna differenza tra creature viventi.
Nella carezza di una mano, che affonda nel vello soffice di una pecora o che lambisce delicatamente il muso di un vitello in cerca di un contatto, passa la vita o, meglio, scorre quell’energia vitale che rende il mondo una realtà olistica e non una gerarchia di potere, come l’uomo, oggi, sembra convinto sia.
A Thegreenplace Marco, sua madre e tutto lo staff, senza alcuna sovvenzione o aiuto economico istituzionale, fanno tantissimo per ognuna di queste creature, scampate ad una sorte orribile.
Ognuno di noi può dare una mano a mantenere vivo questo sogno. Partecipando ai pranzi della domenica, donando frutta, verdura, cibo per cani e gatti e diffondendo i vari eventi, che si organizzano qui.
Visitare questo posto è davvero un’occasione per provare a vedere la realtà da un nuovo punto di vista. Perché non provarci?
In tutto ciò mi rimane ancora da intervistare Marco, perché credo che le sue parole possano essere il miglior biglietto da visita di Thegreenplace.
Così in attesa della prossima escursione, ne approfitto per ringraziare tutti coloro che erano presenti per quello che fanno e per come lo fanno.
Un grazie particolare va ai miei amici dello staff del blog, per il supporto ricevuto, dopo aver visto i filmati di quella giornata. Voglio davvero credere in un mondo migliore, perché i sogni sono fatti da chi li riconosce come tali e li aiuta per trasformarli in realtà.
Sabrina Rosa
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